O, per essere contemporanei:
: Pop Memorealismo
Delta
70 cm x 70 cm , olio
su tela, 2016
The Hunter
100 cm x 150 cm ,
olio su lino, 2016
L’indiscutibile
talento di Walter Molli si nutre soprattutto di contraddizioni. L’inconfondibile
tratto che rende riconoscibili le pur diversissime serie dei ritratti, dei
camioncini, dei paesaggi postindustriali, ha un piglio decisamente
contemporaneo che al contempo sa di immediatezza e di paziente ricerca
costruttivo, giocoso rispetto alle molteplici esperienze del moderno in
arte, qui evocate, giocando a far convivere e contrapporre memorie
altrimenti inconciliabili:
la dissoluzione dei corpi nella luce, secondo la lezione impressionista, e la
costruzione dello spazio solido per pieni, secondo l’esempio cubista e postcubista; la mitologia dei mezzi meccanici e del loro
movimento, e la assoluta fissità delle immagini; la ricercate piattezza proprie
di certa pop art e della street art e inattesi balzi
tridimensionali, ottenuti perfezionando le tecniche dell’iperrealismo. Ne
deriva immediata l’impressione di un mondo familiare e quotidiano che, a meglio
approfondire, assume caratteri di irrealtà e di assurdo: sotto l’apparente
immediatezza di un pennello sciolto si situa la ricerca di difficili armonie
cromatiche e ricercate disarmonie formali.
Testo critico a
cura di Fabio
Mangone
One Armed Scissor
130 cm x 80 cm , olio
su lino, 2016
Protect me from what I want
80 cm x 130 cm , olio su lino, 2016
Come on my selector
130 cm x
90 cm, olio su lino, 2016
Getaway car
96 cm x
130 cm , olio su lino, 2016
Vector
70 cm x 70 cm , olio
su tela, 2016
Fantastic Damage (Dittico)
100 cm x 70 cm –
100 cm x 100 cm, olio su lino, 2016
Fantastic Damage #1
100 cm x 70 cm, olio
su lino, 2016
Fantastic Damage #2
100 cm x 100 cm, olio
su lino, 2016
DecaDance (Dittico),
95 cm x 129 cm – 120 cm x 120 cm, olio su lino, 2016
DecaDance #1
95 cm x 129 cm, olio su lino, 2016
DecaDance #2
120 cm x 120 cm, olio su lino, 2016
My red hot truck
100 cm x
80 cm , olio su lino, 2016
[collezione privata]
My red hot truck #2
90 cm x
70 cm, olio su lino, 2016
WAR FACTORY
WELFARE / WARFARE
Foto ispiratrice
“Fuck islamophobie
- France etat raciste”
Foch - Lyon 6eme
Ho vissuto a Lyon (Francia) per un anno e mezzo. Ho sempre visto la
Francia come un’Italia più cosmopolita, proiettata una quindicina d’anni nel
futuro. Profondamente consumista, ipocritamente celata dietro le chimere bio-eco-sostenibile, falsa crociata del politically
correct e della democrazia a tutti i costi.
La Francia del
welfare. Un welfare costruito con il sudore ed il sangue degli immigrati nel
dopoguerra, che ora costituiscono più della metà della popolazione lyonnaise; gli stessi che si vedono ritorcere
contro l’odio di chi vede in FN una via d’uscita. Un odio corrisposto e ben
leggibile negli occhi di molti giovani figli di immigrati, francesi di prima
generazione, profondamente calati in una parte (vedi Taxi Driver prima e La Haine poi) e schierati in branchi.
Foch è il quartiere cattolico-borghese
per eccellenza, quello dei negozi di arredamento di lusso; quello dove mi
sentivo colpevole a passeggiare senza aver fatto nulla. Camminando in direzione
Guillotiere (quartiere a maggioranza nord-africana)
mi imbatto in una frase che ha messo il punto a qualcosa che mi balenava in
mente da tempo ma che i diretti interessati (algerini prima e francesi poi) mi
spiegavano in maniera rabbiosa, allo stesso tempo vaga e faziosa:
la Francia è uno stato
razzista e “islamofobico”.
La Francia per dire
l’Occidente intero.
Evoluto,
intellettualmente “superiore” e portatore di valori, oramai soffre di una
malattia autoimmune: quella che sembra paura dell’altro è in realtà paura di sé
stessi. Paura che la stabilità del delicato equilibrio creatosi attorno a noi
sia pura illusione.
Tutto ciò che ci
circonda, in qualche modo, sta ancora in piedi grazie ai loschi traffici che
esportiamo: produrre armi riattiva l’economia, vero combustibile del progresso
fatto di “prodotto”.
Tutto sommato paghiamo
il nostro welfare ad un prezzo più che conveniente:qualche milione di euro in
armamenti. Ai governi instabili in nome della celeberrima “democrazia”, ai
gruppi di ribelli come pedaggio per l’accesso a zone ricche di materie prime.
Ed è buffo che tutto
ciò torni, in qualche modo, indietro.
Il terrorismo colpisce
gli stessi simboli del welfare, in questo equilibrio entropico non è altro che
l’esportazione della “democrazia” del medioriente a
casa nostra.
Non dovremmo
meravigliarci se ci suona familiare.
WAR FACTORY:
Rollercoaster
suicide
140 cm x 100 cm, mixed
media on esb panel, 2016
WELFARE / WARFARE (Diptych)#1
100 cm x 70 cm, olio
su lino, 2016
[collezione
privata]
WELFARE / WARFARE (Diptych)#1
100 cm x 70 cm, olio
su lino, 2016
[collezione
privata]
Esposti presso il Museo Crocetti
di Roma per la collettiva “Io scrivo sui muri”.