Il brutto vizio

 

Rodolfo Brunelleschi era un ricco affarista del nord Italia. Dico era perché fu trovato morto nella sua lussuosissima villa. A dare l’allarme alla polizia fu il nipote, il giovane Gianluca, di ventisei anni. Costui era molto somigliante allo zio: naso lungo ed appuntito, capelli castani, labbra sottili. Arrivata la polizia nella villa, egli raccontò tutto:

–L’ho trovato proprio qui, steso davanti al frigorifero. Proprio alle nove ero passato per salutarlo; come al solito ho trovato la porta sul retro semiaperta e sono entrato da lì. Lui la lasciava sempre socchiusa, perché diceva che si sentiva oppresso a stare completamente chiuso in casa ed aprire le finestre non lo confortava, ma ora…la sua imprudenza lo ha portato alla morte. –Disse il giovane, visibilmente scosso, mentre fumava la sua fedele pipa. –Fuma spesso questa pipa?– Gli domandò l’investigatore che era venuto con la polizia. Costui era un tipo molto minuzioso, attento ad ogni particolare e sicuramente non c’era detective migliore in tutto il Settentrione. Trapani era il suo cognome. L’agente si accostò al corpo della vittima: –E’ stato strangolato con una corda. – esclamò, indicando i visibili segni sul collo del poveraccio. –Crede che qualcuno potesse avercela con lui? – –Suo figlio, mio cugino Agenore. Non l’ha mai potuto soffrire. Lo odiava e si comportava sempre in modo brusco con lui. Credo che la goccia che ha fatto traboccare il vaso sia stata la decisione dello zio di lasciare la sua eredità solo a me. Agenore non lo digerì. –L’agente gli chiese dove vivesse costui, e si recarono a casa sua. Il giovane non apparve sconvolto dalla notizia della morte del padre, anzi, quasi sembrò compiacersene. –E’ vero, non lo sopportavo, ma lungi da me fare una cosa del genere; era pur sempre mio padre. – disse, dopo qualche domanda postagli dall’agente Trapani. –Venga con noi – aggiunse quest’ultimo –continueremo l’interrogatorio alla villa. – Tornarono al luogo del delitto. L'agente fece ancora qualche domanda al figlio del malcapitato, ma costui non disse niente che potesse far sospettare di lui, così l'ispettore capì che era inutile continuare l'interrogatorio ed iniziò a cercare indizi, insieme agli altri agenti accorsi con lui. Accanto al corpo c'erano dei cocci di una bottiglia e del wisky sparso sul pavimento. Evidentemente stava per farsi una bevuta, ma nei pressi della salma non c'era niente di rilevante. Nei pressi, ma sotto? Fu questo il pensiero che colse la mente dell'ispettore Trapani, così si avvicinò al cadavere e lo girò, trovando così qualcosa di davvero interessante: della cenere.

Gianluca intanto, ormai annoiato dalle inutili ricerche dei poliziotti guardava fuori dalla finestra, cercando qualcosa di più interessante di quello che stava accadendo attorno a lui. L’accorto difensore della legge si volse verso di lui e gli chiese: –Signor Brunelleschi, posso vedere la sua pipa? – Un po’ sorpreso dalla richiesta, gliela porse. Dopo un rapido ma attento esame della cenere nella pipa, prese le manette ed esclamò:

–La dichiaro in arresto! – –Eh? Cosa? Come potete fare una cosa del genere? Io sono innocente, non avete prove contro di me! – disse Gianluca, mentre veniva ammanettato. L’investigatore, ridacchiando, rispose: –La classica frase di chi, disperato e colpevole, cerca in modo patetico di scagionarsi! Ti avrei mai dichiarato in arresto senza prove? La cenere trovata sotto il corpo di tuo zio è la stessa della tua pipa. Di sicuro una sigaretta non avrebbe lasciato tutta quella cenere per terra. Evidentemente mentre aggredivi quel pover'uomo, ti è caduta la pipa da bocca e la cenere si è rovesciata a terra. Tuo zio non fumava e quindi non può averla persa lui. Ti sei incastrato con le tue stesse mani! Il movente è chiaro: l’eredità. Potevi essere un po’ più cauto, mio caro. –L’assassino si rassegnò e disse: –Accidenti, se non fosse stato per quella stupida pipa la colpa sarebbe ricaduta su Agenore! – –Caro cugino – rispose questi –non c’è niente da fare: il fumo uccide, e porta anche al fresco! – Il caso era chiuso.

 

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